Dall’Unione Europea, milioni di euro per i ‘migranti’ venezuelani
di Geraldina Colotti
Se si hanno chiari i termini della lotta di classe, si sa che la sfacciataggine delle classi dominanti aumenta quanto più diminuisce il potere di chi dovrebbe contrapporglisi. Indignarsi serve a poco se non ci si organizza per cambiare le cose. Smascherare l’ipocrisia delle corporazioni mediatiche che servono il potere di quelle economiche è tuttavia un compito da prendere molto sul serio, a fronte dell’importanza crescente che i media hanno assunto nei conflitti di nuovo tipo.
Un esempio paradigmatico è costituito dalla recente “conferenza internazionale dei donatori”, organizzata via web dalla Spagna e dall’Unione Europea. Vi hanno partecipato oltre 60 paesi di tre continenti, tra i quali gli USA, il Canada e il Giappone e altri stati che non appartengono alla UE, come la Svizzera, così come ONG e organizzazioni internazionali quali l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR) e l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM).
Al centro, nuovamente, la questione dei “migranti e rifugiati venezuelani”. L’aiuto, però, non verrà erogato al governo bolivariano, ma a quei paesi, come la Colombia, l’Ecuador, il Perù o il Brasile, che sostengono gli Stati Uniti e la sovversione interna in Venezuela. Infatti, il legittimo governo del Venezuela, quello di Nicolas Maduro, non è stato neanche invitato.
In compenso, si sono sprecati i proclami in favore dell’autoproclamato “presidente a interim”, Juan Guaidó, nelle cui capienti tasche sono già finiti svariati miliardi che la rivoluzione bolivariana avrebbe destinato ai piani sociali. Finanziamenti che, semmai, avrebbero dovuto essere erogati per assistere quei migranti venezuelani che, fuggendo dalle “meraviglie” dei paesi capitalisti nei quali si erano recati irretiti dalla propaganda, stanno rientrando in massa nel proprio paese.
Fino a ora sono oltre 33.000, recuperati proprio dalla Colombia, dall’Ecuador, dal Cile, a spese del governo, accolti e curati gratuitamente nel caso siano affetti dal coronavirus perché in Venezuela la salute non è privatizzata. Tutti hanno dichiarato di non aver ricevuto un soldo dai governi “democratici” vassalli di Washington. Governi che, come sta dimostrando l’ecatombe provocata dal coronavirus, pensano a proteggere gli interessi del mercato, e non quelli dei lavoratori.
Nei paesi capitalisti, la salute ha un costo elevato, e quel denaro non servirà di certo a sviluppare le strutture pubbliche con accesso gratuito.
D’altro canto, i potenti gangli dell’oligarchia venezuelana, sono ben rappresentati all’interno del Parlamento Europeo dall’eurodeputato Leopoldo Lopez Gil, padre di Leopoldo, leader del partito di estrema destra Voluntad Popular, lo stesso a cui appartiene Guaidó. Non stupisce, quindi, che nessuno abbia zittito le false e bellicose dichiarazioni contro il governo bolivariano pronunciate da personaggi impresentabili come il presidente ecuadoriano Lenin Moreno o il suo omologo colombiano Ivan Duke.
Non stupisce che si sia ulteriormente enfatizzata la cifra reale di quanti se ne sono andati dal Venezuela, tacendo ovviamente sulle responsabilità che hanno nelle difficoltà del Venezuela quegli stessi che adesso si presentano come “donatori”. Non stupisce, quindi, che si sia continuato a insistere sulle varie ipotesi per rovesciare il governo Maduro, evidenziando in questo modo il vero obiettivo dei “donanti”. I fondi raccolti dai governi e dagli istituti bancari presenti alla conferenza (Banca Mondiale, Banca Europea per gli Investimenti, Banca Inter-americana di Sviluppo), ammontano a 2.054 miliardi di euro; 595 milioni saranno in forma di donazione, e potrebbero anche aumentare nelle prossime settimane.
La viceministra per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale, Claudia Del Re (Movimento 5Stelle), durante la conferenza ha affermato che l’Italia contribuirà con 3 milioni di euro addizionali per il 2020 a favore di “organizzazioni umanitarie internazionali che verranno selezionate nelle prossime settimane”.
Dati i presupposti della conferenza, e dato lo schieramento delle multinazionali dell’umanitarismo a favore dell’opposizione venezuelana, sarebbe interessante sapere conoscere quali siano. Tantopiù che la viceministra ha espresso “solidarietà e vicinanza ai paesi di accoglienza”, ma non ha sprecato mezza parola per esprimere solidarietà al popolo venezuelano, sottoposto alle criminali misure coercitive unilaterali imposte anche dall’Unione Europea, nelle cui banche è stato sequestrato l’oro del Venezuela.
Prima di erogare donazioni all’opposizione venezuelana, la viceministra dovrebbe tener presente alcuni dati. In questi giorni, in Italia, le cronache locali hanno dato un certo risalto al suicidio di un giovane romeno, che faceva il cameriere in un hotel della costa abruzzese, e che ha deciso di suicidarsi dopo aver saputo che non gli sarebbe stato rinnovato il contratto. Durante i giorni più acuti della pandemia, altri lavoratori precari, italiani e stranieri, si erano tolti la vita, anche in altre parti d’Europa.
In Italia, terza economia della eurozona, i contratti al nero sono oltre tre milioni, quindi non sono inclusi negli aiuti promessi dal governo. Persone che, in questi mesi di forzata clausura sono sopravvissute solo grazie alle reti di solidarietà, che hanno visto impegnate non solo le associazioni cattoliche, ma anche il mutualismo delle organizzazioni popolari.
Inoltre, in Italia più del 30% degli occupati giovani guadagna meno di 800 euro lordi al mese. Il 13% degli under 29 versa in condizione di povertà lavorativa. I rapporti annuali sul lavoro dei migranti dicono inoltre che un lavoratore straniero che ha un contratto regolare, di solito guadagna in media il 35% meno di un italiano. Il lavoratore migrante è inoltre più esposto agli infortuni sul lavoro – che, già prima della pandemia, avevano una frequenza media di tre al giorno – perché, oltre alla paga che risulta sul contratto, accetta di fare molte più ore di straordinario e in un paese dove le norme sulla sicurezza del lavoro sono sempre più spesso carta straccia. Con il governo bolivariano, i migranti italiani in Venezuela, vivono invece con pieni diritti.
Claudia Del Re ha anche sottolineato “l’impegno italiano nella crisi venezuelana”, esprimendo la necessità di adottare “soluzioni a lungo termine per la crisi politica e istituzionale in Venezuela”. In attesa di capire che il popolo venezuelano ha il sacrosanto diritto di risolvere i propri conflitti senza interventi o tutele esterne, sarebbe bene che quei finanziamenti alla sovversione imperialista, mascherati da donazioni, fossero rivolti a “risolvere la crisi” dei lavoratori stranieri, precari o sottopagati, in Italia e in Europa, e a costruire una “cooperazione” basata su pari dignità.